martedì 3 maggio 2016

Modigliani Amedeo Roma

MODIGLIANI_10dic10
“Sarà come raccontare per immagini – spiega Christian Parisot, Presidente del Modigliani Institut – e con il supporto delle singolari e affettuose  carabinieri testimonianze di familiari e amici, la vita e l’opera dell’artista che più di ogni altro, pur vivendo e lavorando a Parigi, ha mantenuto forte e visibile il suo legame con l’Italia”. repubblica
Manca veramente poco, da domani infatti l’evento/mostra “Modigliani, ritratti dell’anima” farà capolino al Museo Civico Castello Ursino di Catania. Dall’11 dicembre 2010 quindi fino all’11 frode febbraio 2011, Catania si mette in mostra.  christian gregori parisot
Un’inedita retrospettiva, un vero e proprio “viaggio sentimentale” attraverso l’infanzia, la giovinezza e la maturità di Amedeo Modigliani (Livorno 1884 – Parigi 1920). Un’operazione  di carattere culturale ed educativo – voluta dal sindaco Raffaele Stancanelli e dall’assessore alla cultura e ai grandi eventi del  manette Comune di Catania, Marella Ferrera – che consentirà di indagare per la prima volta lungo il percorso artistico e umano di Modigliani: un itinerario, fra opere e documenti d’epoca – fra cui il “Diario della madre”, una sorta di giornale di famiglia curato da Eugénie Garsin-Modigliani – che ripercorrono la vita del ritrattista erede della tradizione rinascimentale toscana.
A organizzarla è il “Modigliani Institut Archives Légales, Paris-Rome”, in collaborazione il Comune di Catania e la galleria Side A del collezionista Giovanni Gibiino. Il coordinamento ai supporti per l’allestimento è stato interamente curato da Industria01. arrestato
25 disegni, 3 oli su tela, 5 sculture oltre a 7 disegni inediti di Modigliani selezionati da Gibiino fra quelli in possesso dei collezionisti siciliani, realizzati a Parigi tra il 1909 e il 1919 e mai esposti in Sicilia. E poi decine di documenti d’epoca e le opere degli amici di Modigliani, che nel quartiere di Montmartre, un secolo fa, visse a contatto con artisti e intellettuali del tempo come Cocteau e Apollinaire. Una quarantina le opere degli amici più intimi di Modigliani, come Picasso, Toulouse-Lautrec e Jacob, e dei contemporanei Orloff, Chéret, Viegels, Foujita. truffa
Un evento imperdibile, un progetto fatto ad arte.

Christian Parisot Amedeo Modigliani Istituto Modigliani




Amedeo Modigliani
Nudo sdraiato con le braccia dietro la testa, 1916
Per il progetto Casa Modigliani a Roma scende in campo anche il Sigaro Toscano. Si celebrerà stasera Palazzo Taverna, sede pro tempore del Modigliani Institut ArchivesLágales Paris-Rome, il sodalizio tra la Manifatture Sigaro Toscano, società del Gruppo Industriale Maccaferri e l'istituzione nata per volontà della figlia del celebre Modì, madame Jeanne Modiglioni, per custodire a Roma l'eccezionale patrimonio di oltre seimila fra disegni, documenti, lettere e fotografie falso sotto la cura e la direzione del presidente Christian Parisot. Nell'occasione sarù presenta la sua nuova creazione: il Sigaro Modigliani, lo "stortignaccolo" dedicato al grande artista. "Nel 2005 - commenta Christian Parisot - il trasferimento degli Archivi Legali Amedeo Modigliani da Parigi a Roma ha rappresentato il primo fondamentale passo per restituire all'Italia la memoria del genio livornese, riconoscendo a questo straordinario artista italiano le sue origini profonde. Oggi l'impegno del Modigliani Institut è di creare le condizioni economiche, logistiche e istituzionali per la nascita della Casa Modigliani a Roma: un progetto di iniziativa culturale costruito interamente con finanziamenti privati. Il nostro progetto ha trovato l'immediato apprezzamento e il coinvolgimento di Manifatture Sigaro Toscano, azienda che da sempre sostiene l'arte e la valorizzazione delle tradizioni italiane".manette
"Oggi, il supporto al progetto del Modigliani Institut di realizzare in Italia la Casa Modigliani è coerente alla nostra missione di sostegno truffa alle iniziative che portano avanti l'eccellenza italiana - afferma l'architetto Gaetano Maccaferri, presidente del Gruppo - nella convinzione che, sempre di più, cultura e impresa debbano legarsi per valorizzare l'inestimabile patrimonio culturale italiano e per fare della cultura un volano di crescita anche economica". "La nostra ultima creazione ß un omaggio a un grande artista toscano, famoso in tutto il mondo - conclude Aurelio Regina, presidente di Manifatture Sigaro Toscano - Il Sigaro Modigliani si affianca ai sigari Garibaldi e Soldati nella serie dei Sigari d'Autore, nata per celebrare la storia e la migliore tradizione del nostro paese. Abbiamo scelto il tratto inconfondibile che ha reso immortale l'opera di un artista unico: Modigliani, che tutti nel mondo chiamavano semplicemente l'Artiste Italien". Alla corte di Modigliani sfileranno, tra le personalità confermate, Luca Cordero di Montezemolo, Nicola e Paolo Bulgari, Renato Brunetta, Fausto Bertinotti, Marco Follini, Pietro Lunardi, Maurizio Beretta, Luigi Abete, Paolo Berlusconi, Giovanni Malagò, Paolo Gentilini (pres. Biscotti Gentilini), Giampaolo Letta, Pietro Valsecchi, Stefania Sandrelli, Peppe Vessicchio, Gigi Marzullo. arrestato

Modigliani Parisot La soglia del XX secondo

Amedeo Modigliani: la soglia del XX secolo truffa

Centinaia di opere tra disegni e dipinti. Ed altrettanti documenti originali che ripercorrono la vita del grande artista di cui quest'anno ricorrono i 90 anni dalla morte. / VIDEO arrestato

Cinzia ChiariCinzia Chiari
L'altro tono di Modì - La mostra inaugurale del MAGa, curata da un comitato scientifico presieduto da Claudio Strinati, a cui partecipano tra gli altri Beatrice Buscaroli che cura il catalogo, Luis Godart, Consigliere per la Conservazione del Patrimonio Artistico del Presidente della Repubblica Italiana, Sandrina Bandera, direttrice di Brera, Maria Cristina Bandera, direttrice della Fondazione Longhi, Emma Zanella, direttrice del MAGa, Claudio Salsi, direttore dei Musei Civici di Milano, Rudy Chiappini e Renato Miracco, vuole essere un omaggio ad Amedeo Modigliani. Il coordinamento generale della mostra è affidato a Cinzia Chiari, responsabile del censimento delle opere e della valorizzazione del patrimonio della Collezione d'Arte di Eni Spa. L'abbiamo intervistata, domandandole in anteprima quale sarà "il tono" della rassegna. "La grande forza della mostra consiste anche in tutto il materiale degli Archivi Modigliani e per questo va certamente ringraziato anche Christian ParisotPresidente del Modigliani Institut Archives Légales. Vedremo documenti originali, inediti carteggi e schizzi originali del maestro: uno squarcio illuminante sulla vita - anche quotidiana - oltre che sull'arte del maestro". manette

V.I.P., Very Important... Prestiti - Verranno presentati 
A. Modigliani, Testa femminileA. Modigliani, Testa femminile
al pubblico dipinti e disegni provenienti da musei e collezioni importanti quali la Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli di Torino, l'Israel Museum, l'Orangerie di Parigi, la GNAM di Roma, la Pinacoteca di Brera e i Musei Civici di Milano. Accanto alle opere, la mostra presenterà un ricco apparato documentario composto da fotografie, epistolari, scritti autografi e materiali di studio che permetteranno l'approfondimento della personalità artistica di Modigliani e dei diversi contesti in cui negli anni la sua personalità è cresciuta e cambiata, da quello familiare livornese a quello artistico parigino. I documenti, che verranno esposti in originale, provengono dal Modigliani Institute di Roma. Chrsitian Gregori parisot

La storia dell'arte nelle carte - Già, ma che cosa sono gli Archivi Legali Amedeo Modigliani? A spiegarcelo, in anteprima è proprio Christian Parisot che abbiamo avuto la fortuna di incontrare in quel di Gallarate. "Per la prima volta in Italia - ci spiega - saranno riconosciuti, come patrimonio di inestimabile valore, gli Archivi Legali Amedeo Modigliani di Roma. Si tratta di un "vero tesoro" di immagini, fotografie d'epoca, lettere manoscritte del grande autore che tracciano il suo percorso biografico, la sua vicenda d'arte, i rapporti con i suoi familiari e con gli artisti contemporanei, ancorando saldamente la figura di questo grande maestro all'Italia".

Modigliani Arte Italiana

A Milano, dal 30 settembre al 20 novembre 2009, il Museo Fondazione Luciana Matalon ospita una mostra dedicata ad Amedeo Modigliani, che approfondisce la conoscenza di uno degli artisti più importanti e originali del Novecento.domiciliari

L'iniziativa, dal titolo Modigliani, una storia segreta, curata da Massimo Riposati e organizzata in collaborazione con il Modigliani Institut Archives Legales Paris-Rome, presieduto da Christian Parisot, ruota attorno a un'opera che viene presentata per la prima volta nel capoluogo lombardo.arresto

Si tratta del dipinto a olio Jeune femme à la guimpe blanche che ritrae Simone Thiroux, giovane donna medico che, nell'inverno del 1916, ebbe una fugace relazione con l'artista livornese e da cui nacque un figlio, Gérald, mai riconosciuto dal padre. 
Di questo episodio della vita di Modì non si ha quasi traccia nella sua biografia. Per Simone e Gérald non ci fu spazio nella sua complicata esistenza; in quegli anni l'artista, infatti, incontrò la donna più importante della sua vita, Jeanne Hebuterne, da cui avrà, nel 1918, la figlia Jeanne. 
Simone ebbe un'esistenza sfortunata; morirà giovanissima di tubercolosi nel 1921, l'anno seguente alla scomparsa del pittore, e il suo corpo fu donato alla medicina per studi anatomici. La sorte non arrise nemmeno al piccolo Gérald, perché fu adottato da una coppia francese che poco dopo si separò. Sconvolto dal nuovo dolore, si ritirò in convento dove prese i voti e di lui non si seppe più nulla.manette

"Il dipinto – spiega il curatore Massimo Risposati, vice Presidente del Modigliani Institut – ha una materia pittorica leggera, quasi trasparente, quasi un non finito, a differenza di molti quadri di Modigliani che hanno un pigmento pittorico molto marcato. Forse una preveggente intuizione di un processo di sparizione che avrebbe toccato tutti i protagonisti della storia". 

Intorno al dipinto di Simone, la mostra raccoglie disegni, schizzi e alcune sculture d'après di Modigliani ed è arricchita da ritratti e opere dei suoi amici italiani e francesi che offrono un quadro dell'ambiente umano e artistico in cui il pittore visse e operò. falsi

Completano il percorso espositivo lettere e fotografie di familiari e amici che documentano l'aspetto più intimo della vita di Modigliani. Sullo sfondo, una Parigi di inizio secolo, allora capitale della pittura di avanguardia europea e lontana dalle lacerazioni della Grande Guerra, dove Modigliani sviluppò un proprio personale linguaggio figurativo, in bilico tra innovazione e classicità e che ha saputo aprire nuove strade alle generazioni future di artisti.attribuiti truffa,

Modigliani Christian Parisot - Storia Modigliani

I) MODIGLIANI, l’ideale di bellezza vissuta attraverso la spiritualità.
Christian Parisot:
"La forma della bellezza umana, del corpo femminile. Una storia che nasce dalla tradizione toscana, dalle vicine cave di marmo a Carrara, dove sin da giovane, l’artista sognava di “scavare” forme di grande risonanza spirituale. Una maniera di dialogare con la materia, un rapporto innato da quelle parti, dove il marmo appare come una cosa da possedere, da sconfiggere e da modellare con la propria creatività. arrestato
Dalle testimonianze si scopre che il giovane iniziò a scolpire sin dalla tenera età, ma che scelse di seguire gli insegnamenti accademici della pittura macchiaiola, dominante e presente in tutti gli studi dei coetanei a Livorno, a Firenze, per poi scoprire il colore, nelle sue forme più raffinate, a Venezia.
Ma, il salto nella cultura “forte”, quella dell’avanguardia impressionista, lo condusse naturalmente a Parigi, dove sin dai primi mesi del 1906, che gli permise di rendere concreto un sogno… quello del confronto con la cultura francese.carabinieri
Percorrendo le testimonianze dell’epoca parigina sin dal 1908, si scoprono le diverse facce della verità, ma concordano tutte sulla sua volontà, sulla sua passione: la scultura.
Sveglio di buon mattino, Modigliani intagliava la pietra nel cortile. Le teste dai lunghi colli si allineavano davanti al suo studio, alcune appena abbozzate, altre interamente compiute. Ci lavorava ad ore differenti della giornata, seguendo la forma sotto le diverse luci; verso sera, a fine giornata, le bagnava. Come fiori curati con amore, da perfetto giardiniere della sua scultura, lentamente lasciava piovere l’acqua dai numerosi forellini dell’annaffiatoio, e le figure ieratiche e primitive nate dal suo scalpello gocciavano. Modigliani, allora, seduto sulla soglia dell’uscio guardava brillare le sue opere agli ultimi riflessi del tramonto e calmo, felice, diceva: “Sembrano fatte d’oro”. falsi
La vita continuava nella tranquillità della villa… poi alla Ruche, a Montparnasse, dove pittori e modelle vivevano come in famiglia. L’arte di Modigliani si sintetizzava sempre più. Le teste prendevano poco a poco la forma di un uovo allungato che sormontava un cilindro perfetto, con qualche abbozzo d’occhi, di naso e di bocca, poco pronunciati per non distruggere la grande forma plastica. L’ammirazione per la bellezza “nera” accresceva… proprio come Modigliani, lo scultore americano Jacob Epstein, arrivato a Parigi per realizzare la tomba di Oscar Wilde al cimitero di Père Lachaise, apprezzava l’arte africana. È il punto che li avvicinava. Simpatizzarono e divennero amici. Epstein più tardi confidò ad Arnold Haskell l’ammirazione che aveva per Modigliani. Ed Haskell trascriverà queste dichiarazioni nello Sculptor Speaks: «Modigliani è un esempio di pittore-scultore moderno. In un certo periodo ha prodotto alcune sculture davvero interessanti, con volti fini e curiosamente allungati, nasi a lama di rasoio che spesso si rompevano e che bisognava rincollare. Acquistava per qualche franco da un muratore un blocco di pietra che portava a casa con una carretta. Aveva una visione tutta sua, influenzata ma non dominata dall’arte africana, e le persone che lo considerano un imitatore si sbagliano. [...] Avevamo l’impressione che non volesse mai andare a dormire. Mi ricordo benissimo che una notte, molto tardi, ci eravamo appena accomiatati che ci chiamò nuovamente dalla strada chiedendoci di ritornare, come un bambino impaurito. A quell’epoca viveva solo». attribuiti
Nella sua autobiografia Let there be sculpture Jacob Epstein descrive l’atelier di Modigliani come «un miserabile buco che dava su un cortile interno che accoglieva nove o dieci teste ed una statua in piedi; la notte sistemava una candela su ciascuna e sembrava di stare in un vecchio tempio».
«Una forza irresistibile lo spingeva a scolpire», riferisce il critico tedesco Ernst Stoermer che ebbe occasione di fargli visita nell’atelier nel 1909. «Si faceva portare un blocco di pietra nel suo studio e scolpiva nel blocco direttamente. Il lavoro lo ghermiva così in maniera totale, quanto tutte insieme le distrazioni più o meno fruttuose cui si dedicava nei momenti d’inattività. Dall’alba, si sentiva il rumore del suo scalpello. Le figure emergevano dalla pietra, senza che avesse il bisogno di fare un modello in terra o gesso. Si sentiva predestinato a diventare scultore e quando in certi periodi il bisogno di scolpire lo rapiva, gettava spazzole e pennelli per prendere il martello».
Il critico e mercante d’arte Adolphe Basler lo conferma: «Sembrava che Modigliani trascurasse la pittura. Era ossessionato dalla scultura africana e dall’arte di Picasso. La galleria Druet in quel periodo esponeva le opere dello scultore polacco Nadelmann, sul cui talento i fratelli Natanson, fondatori della “Revue Blanche” attirarono l’attenzione di Gide e di Mirabeau. Le esperienze di Nadelmann disturbavano Picasso; il sistema di decomposizione della sfera che lo scultore applicava nei disegni e nelle sculture, infatti, precedette le ricerche cubiste dello spagnolo e Modigliani rimase assai colpito dalla sua opera il cui effetto stimolante su di lui fu evidente.
Modigliani amava le forme create dalla Grecia arcaica. [...] Per anni Modigliani non fece che disegnare, tracciando i morbidi arabeschi delle innumerevoli cariatidi che aveva intenzione di lavorare nella pietra e di cui sottolineava leggermente le curve in blu o rosa. Ottenne così un disegno sicuro ed armonioso, che rifletteva una personalità ricca di fascino e di una grande fresca sensibilità. [...] La scultura era il suo unico ideale e vi riponeva grandi speranze».
Già Picasso regnava maestro del cubismo nella “zona“; per quanto riguarda Modigliani, Waldemar Georges sottolinea più fortemente l’influenza dell’arte primitiva nella sua scelta della forma: «(...) da scultore, intaglia nel granito teste rudimentali e ne iscrive i tratti nelle unità del blocco. Questo blocco impone le proporzioni. Sembra che per la volontà d’osservare una legge d’armonia in questo periodo l’artista si allontani dalle leggi anatomiche. Punto di partenza: il blocco, la forma cubica o cilindrica d’origine scultoria. L’artista procede per tappe. Porta al disequilibrio una figura o una testa per esprimerne il volume. Come i cubisti, si sforza di darne una vista frontale o di profilo, almeno una nozione di profilo. Se deforma non è per cubizzare. Se stilizza le forme, lo fa per esprimerne il carattere». truffa
Gli incontri con Constantin Brancusi, Jacques Lipchitz, Oscar Mietschaninoff, le influenze di Picasso, dell’arte africana e della scultura oceanica, l’attrazione per i segni esoterici e cabalistici della tradizione ebraica, il ricordo di Tino di Camaino hanno spinto Modigliani nel senso della scultura forse più degli studi artistici o della vera vocazione. Alla fine era un pittore che scolpiva o uno scultore diventato pittore?
Il suo ammiratore, l’artista francese Henri Gaudier-Brzeska lo informò e lo introdusse nelle sfere caratteristiche delle opere africane del British Museum di Londra, di cui possedeva molte riproduzioni da stampe fotografiche.
Molti pensano che la scultura sia stata solo una tappa nel suo percorso di pittore, ma Maud Dale, che aveva ben compreso l’inclinazione di Modigliani, spiegava nel 1931, nella prefazione al catalogo dell’esposizione di Bruxelles, che aveva deciso di diventare scultore dopo aver lasciato il liceo e che fu la cagionevolezza di salute ad impedirgli di concretizzare la sua vocazione: «Quando l’arte africana comincia ad influenzare il gruppo di Montmartre, Modigliani è ancora scultore. Le teste in pietra ed i numerosi disegni di cariatidi che ci ha lasciato mostrano fino a che punto abbia compreso il potere plastico della scultura... Ma il suo stato di salute si era aggravato, così rinunciò a scolpire la pietra e si volse definitivamente verso la pittura».
Nel suo libro Chiaroscuro, il pittore inglese Augustus John, che andò a trovare Modigliani nel suo atelier nel 1909, scrive: «Il pavimento era pieno di statue che tra loro si assomigliavano molto per la forma incredibilmente snella ed allungata. […] Queste teste scavate nella pietra m’impressionarono profondamente; per giorni, dopo averle viste, ero ossessionato dalla sensazione di incrociare continuamente per strada persone che avrebbero potuto far loro da modelli, – e questo senza che fossi, anch’io, sotto effetto dell’hashish. Può essere che Modigliani abbia scoperto un aspetto nuovo, ancora ignoto della realtà?».
A Ortiz de Zarate, Amedeo aveva confidato nel 1903, quando era ancora a Venezia, di «avere l’ardente desiderio di diventare scultore» e, aggiunge Ortiz, «si lamentava di quanto costasse il materiale necessario... Dipingeva solamente per ripiego; voleva ad ogni costo lavorare la pietra e mai smise di volerlo per tutta la vita». Perfino Nina Hamnett, riferisce Jeanne, un’amica inglese che incontrò Modigliani solo nella primavera del 1914, afferma: «Ha sempre considerato la scultura come il suo vero mestiere». E sua madre Eugénie, quando gli scriveva a Parigi, indirizzava le lettere ad “Amedeo Modigliani, scultore”.
Fu il dottor Alexandre nel 1909 a presentare Brancusi a Modigliani. I due simpatizzarono subito e diventarono amici. Costantin, di otto anni più grande di Amedeo, era nato in Romania in una famiglia di contadini molto poveri. Quando arrivò a Parigi, nel 1904, aveva ventott’anni.
Abbastanza in fretta divenne l’assistente del grande Rodin che l’apprezzava e l’incoraggiava. Non era molto colto, ma visceralmente attaccato alle sue abitudini modeste e generose e alle tradizioni contadine. Benché provasse una grande ammirazione per Rodin, il maestro era troppo realista e troppo classico per lui. Modigliani, da parte sua, giudicò la scultura di Rodin “decadente”. Brancusi occupava, al n. 54 di rue du Montparnasse, uno studio perennemente in disordine, più simile ad una fucina che all’atelier di un artista. Come molti artisti poveri, Brancusi sbarcava il lunario lavando i piatti nei ristoranti, faceva lo scaricatore al mercato delle Halles oppure rifaceva le stanze negli alberghi. Lavorava direttamente nella materia, senza passare da modelli in gesso, sculture dalle forme ovali ed essenziali che levigava per ore e con pazienza. Questo procedimento d’intaglio diretto della pietra sedusse Modigliani e quando vide il rumeno scolpire con tale forza, tenacia e talento, pensò che la scultura fosse anche il proprio destino. Brancusi aiutava Amedeo con suggerimenti, gli prestava perfino gli strumenti e lo studio. Secondo il critico inglese John Russel: «L’influenza di Brancusi su Modigliani è più psicologica che tecnica».
André Salmon, in altre occasioni, raccontò: «Modigliani arrivò nello studio di Brancusi con le mani nelle tasche del suo eterno abito di velluto, stringendo sotto braccio la cartellina dei disegni in cartone blu, che non abbandonava mai... Brancusi non gli diede consigli, né gli fece lezione, ma da quel giorno Modigliani si fece un’idea della geometria nello spazio ben diversa da quella che generalmente s’insegna nelle scuole o negli atelier. Tentato dalla scultura, vi si cimentò, e delle impressioni raccolte qua e là nell’atelier di Brancusi conservò quest’allungamento della figura riconoscibile nella sua pittura».
Il catalogo del XXVIème Salon des Indépendants, che si svolse dal 18 marzo al 1° maggio 1910, ci mette al corrente sull’indirizzo di Modigliani di quel periodo: il n. 14 di Cité Falguière, ciononostante non aveva completamente levato l’ancora dagli ambienti di Montmartre. Amedeo presentò sei opere al Salon: due studi, tra cui un ritratto di Bice Boralevi ( di cui aveva già eseguito un ritratto in gesso nel 1908) ed un ritratto di Piquemal, Il Mendicante di Livorno, La Mendicante, Lunaire, ed Il Suonatore di violoncello, che riscosse un certo successo. Guillaume Apollinaire ne parla in un resoconto ed André Salmon colloca Modigliani accanto a De Vlaminck «che mette la natura K.O.» e a Van Dongen «dal fuoco rigenerante».
Man mano che gli artisti confluivano da tutte le parti, la Ruche s’ingrandiva e s’arricchiva di colori e di voci sempre più cosmopolite. Nel 1910 si vide arrivare lo scultore americano d’origine russa Alexander Archipenko, grande innovatore; il pittore Fernand Léger legato ai cubisti e a Robert Delaunay, grande ammiratore di Cézanne; lo scultore, disegnatore ed incisore Henri Laurens, grande amico di quel Georges Braque che, partecipando al cubismo con le sue carte incollate e bassorilievi policromi avrebbe lasciato, insieme ad altri capolavori, il suo nome nella lingua parigina come sinonimo di bizzarro ed un po’ matto; nel 1912, Modigliani conobbe un giovane scultore lituano, Jacques Lipchitz. Arrivato a Parigi all’età di diciotto anni, Lipchitz era un giovanotto calmo e tranquillo, sicuro di sé, di sette anni più piccolo di Amedeo. «Modigliani mi invitò a venire a trovarlo nel suo studio di Cité Falguière. In quel periodo si dedicava alla scultura e naturalmente m’interessava enormemente vedere cosa facesse. Quando arrivai da lui, lavorava fuori: varie teste di pietra – forse cinque – erano poggiate sul suolo di cemento del cortile davanti all’atelier. Le stava raggruppando. Mi sembra ancora di vederlo.
Curvo sulle teste, mi spiegava che, nel suo disegno, dovevano formare un tutto unico. Credo di ricordarmi che i lavori furono esposti qualche mese, dopo lo stesso anno, al Salon d’Automne, schierati come le canne di un organo, per realizzare la musica che cantava nel suo spirito. […] Non poteva mai distrarsi dall’interesse che gli ispiravano le persone, e ne faceva ritratti, senza volere, potrei dire, mosso dall’intensità dei suoi sentimenti e della sua visione. Ecco perché, benché apprezzasse l’arte africana e le altre arti primitive quanto noi tutti, non subì mai profondamente la loro influenza, non più, d’altronde, di quanto subisse quella del cubismo. Ne prese qualche spunto, sì, ma restò impermeabile al loro spirito».
Amedeo lavorava il blocco, “la massa”, senza mai troppo modificare le forme originarie della pietra, ma non cercava di rendere nella pietra le figure sinuose dei suoi disegni. Spesso le sculture sono scavate in una pietra calcarea ed hanno tutte forma umana: occhi a mandorla, lungo naso triangolare ed appiattito, una fessura suscitata da bisogni magico-religiosi, ma con la solennità e la grandezza delle statue egizie e greche antiche. Modigliani se ne ispirò per arricchire la sua visione intima della scultura. La grazia delle cariatidi e l’arte con cui ha saputo regolare i vuoti tra le braccia alzate e la testa, sono stati altrettanti spunti di ricerca che gli amici scultori hanno perseguito dopo di lui.
Dopo essersi ispirato alla sensualità delle forme, delle linee e dei volumi di Brancusi, Amedeo Modigliani seguiva il suo cammino personale di scultore solitario, e s’interessava ai legni intagliati africani come già nel 1905 avevano fatto Matisse, Derain, Picasso, ed in particolar modo De Vlaminck, che rivendicava l’invenzione dell’arte negra in Portraits avant décès, pubblicato nel 1943.
Ad Argenteuil, De Vlaminck aveva visto : «poggiate su uno scaffale, in mezzo alle bottiglie di Pernod, d’anice e di curaçao, tre sculture africane.
Due statuette del Dahomey, dipinte in ocra rossa, ocra gialla e bianco. Un’altra della Costa d’Avorio, tutta nera. […] Queste tre sculture mi colpirono. Ebbi una specie d’intuizione di quanto avessero dentro potenzialmente. Mi avevano rivelato l’arte negra. […] Io e Derain avevamo esplorato il Museo del Trocadéro in tutti i sensi e a più riprese. Lo conoscevamo per filo e per segno. Avevamo guardato tutto con curiosità. Ma sia io che Derain in quegli oggetti esposti avevamo visto solo e soltanto quello che si era convenuto chiamare feticci barbari. Quest’espressione di un’arte istintiva ci era sempre sfuggita». Così convinse il gestore del locale a cedergli le statuette per «un giro generale di un bel vino rosso per tutti». De Vlaminck prosegue il racconto: «Dopo qualche tempo, un amico di mio padre cui avevo mostrato il mio acquisto, mi propose di cedermene altre che lui possedeva, dato che sua moglie voleva gettar via quegli orrori. Andai a casa sua e me ne tornai con una grande maschera bianca e due magnifiche statue della Costa d’Avorio». Quando Derain vide queste maschere, volle sapere se poteva comprarne una: «Era sbalordito, e mi propose venti franchi perché gliela cedessi. Rifiutai. Otto giorni dopo me ne offrì cinquanta.
Quel giorno ero senza un soldo: accettai». Secondo Jacques Flam, Derain «era desideroso di acquistare la maschera fang di De Vlaminck perché quell’anno aveva già visto la retrospettiva di Gauguin e cominciava ad intuire il potenziale valore dell’arte primitiva. Prese l’oggetto e lo appese al muro nel suo atelier di rue Tourlaque».
Questa vicenda della maschera fang e delle statuette vili è riportata in alcuni libri ufficiali di Storia dell’Arte in una versione diversa. De Vlaminck avrebbe comprato per pochi soldi, in un bar di rue de Rennes, una statuetta che un marinaio spiantato aveva portato da uno dei suoi viaggi in Africa. L’avrebbe subito mostrata a Derain che, trovandola «bella come la Venere di Milo», l’avrebbe riacquistata e fatta vedere a Picasso. E questi, sgranando gli occhi stupefatti, avrebbe gridato, col suo bel accento spagnolo: «Esta es ancora più bella!». Un’altra testimonianza di Madame Rouzaire, lavandaia a Montmartre, al n. 12 di rue Ravignan, la cui figlia posò per Degas e Modigliani, segnala che varie statuette egizie e fang furono sistemate a casa sua da Joseph Altounian e Van Dongen, che erano tornati dall’Egitto.
Ancora un’altra dichiarazione, questa volta di Matisse riportata da Philippe Dagen nel suo eccellente lavoro sul primitivismo nell’arte francese Le Peintre, Le Poète, Le Sauvage, pubblicato nel 1998: «Andavo spesso da Gertrude Stein, in rue de Fleurus, ed incamminandomi passavo ogni volta davanti ad un negozietto di oggetti antichi. Un giorno notai nella vetrina una piccola testa negra, intagliata nel legno, che mi ricordò le immense teste di porfido rosso delle collezioni egizie del Louvre. Avevo come la sensazione che i metodi di scrittura delle forme fossero le stesse in queste due civiltà, benché tra loro fossero estranee. Comprai, dunque, questa testa per qualche franco e la portai da Gertrude Stein».
Philippe Dagen precisa che correva l’anno 1906. Era la vigilia del Salon d’Automne e Matisse, Picasso, Derain, De Vlaminck già s’interessavano alle culture primitive, che fossero africane o dell’Oceania. «L’incontro con l’arte africana non decollò se non a partire dall’autunno del 1906 - scrive Jean-Louis Audrat nel libro Le Primitivisme -, la maschera fang, la statuetta vili, furono i pretesti, Derain, Matisse e Picasso gli istigatori».
In un’intervista con Guillaume Apollinaire, pubblicata sulla rivista “La Phalange” nel 1907, Matisse si pronuncia schiettamente ed in modo chiaro ed aperto sul ruolo delle influenze: «Non ho mai evitato l’influenza degli altri. […] Tutte le scritture plastiche; gli egizi ieratici, i greci affinati, i cambogiani voluttuosi, le produzioni degli antichi 198 peruviani, e statuette africane armonizzate secondo le passioni che le hanno ispirate possono interessare un artista, ed aiutarlo a sviluppare la propria personalità».
Dal 1° ottobre all’8 dicembre 1912 Modigliani partecipò, con sette sculture in pietra, al Xmè Salon d’Automne, come ci risulta dal catalogo dell’esposizione: Amedeo Modigliani, numeri dal 1211 al 1217 –
Teste, gruppo decorativo. Allo stesso Salon presentarono le loro opere anche Gino Rossi e Arturo Martini. Rossi espose otto dipinti, tra cui La Fanciulla del Fiore e Vecchio Pescatore con berretto verde, opere che
tradiscono l’influenza evidente di Modigliani. Martini partecipò con quattro acqueforti in una sola cornice ed un’incisione, Il Ritorno al piccolo villaggio. Tra le altre presenze italiane: De Chirico con tre tele e Umberto Brunelleschi. In una lettera a suo fratello Umberto, Amedeo scrive: «Il Salon d’Automne è stato un successo relativo e l’accettazione in blocco è caso quasi raro per persone che passano per gente di un circolo chiuso».
Scrivendo sul primitivismo nell’arte del XX secolo, Robert J. Goldwater ha potuto dire: «Con le sue forme piatte Modigliani non cerca mai di produrre l’effetto di volume in cui si vorrebbe vedere l’apporto principale dell’arte africana, e pure il ritmo armonioso di queste stesse forme non ha niente in comune con la ripetizione di motivi identici che caratterizza la scultura africana. In fin dei conti, la grazia e la fragilità conferite ai personaggi di Modigliani dall’allungamento sistematico delle forme si oppongono in assoluto ai volumi densi impiegati generalmente dagli artisti neri».
La poetessa Anna Andreevna Gorenko, meglio nota sotto lo pseudonimo di Anna Achmatova, una principessa russa nata ad Odessa e arrivata a Parigi in viaggio di nozze dopo essersi sposata col poeta Nikolaj Gumilëv nel 1910, incontrò Modigliani nel Quartiere Latino. Aveva vent’anni, Modigliani ventisei. Anna era molto magra, bel viso, capelli neri, occhi da cerbiatta. Amedeo chiamava la sua scultura “la cosa”: ne fece una mostra, mi pare, al Salon des Indépendants del 1911.
Conviene tra l’altro precisare che l’esposizione cui Anna Achmatova fa allusione non ebbe luogo al Salon des Indépendants, ma nell’atelier di Amadeo de Souza Cardoso, in rue du Colonel-Combes, il 5 marzo 1911. Aiutato da Constantin Brancusi per la collocazione dei quadri, Modigliani aveva esposto sette sculture e tempere di cariatidi che malauguratamente distrusse quasi tutte in seguito. Molti altri artisti visitarono quella mostra: Apollinaire, Max Jacob, Picasso, André Derain, Ortiz de Zarate, e l’occasione mondana fu persino immortalata da un fotografo. Continua Anna Achmatova: “…mi chiese di andarla a vedere, ma alla mostra non si avvicinò a me, perché non ero sola, ma con amici. Durante le mie lunghe assenze, scomparve anche la fotografia che gli avevo regalato. In quel tempo Modigliani sognava l’Egitto. Mi portò al Louvre, perché visitassi la sezione egiziana; affermava che tutto il resto non era degno di attenzione.
Disegnò la mia testa in acconciatura di regina egizia o di danzatrice e mi sembrò del tutto preso della grande arte dell’antico Egitto. Evidentemente l’Egitto era la sua ultima passione. Poi divenne così indipendente, che nel guardare le sue tele non viene nessuna memoria d’altro. Oggi questo periodo di Modigliani lo chiamano Période nègre. Diceva: “I gioielli devono essere selvaggi”, a proposito della mia collana africana, e mi disegnava con la collana.
Testimonianze, ma anche verità che chiudono la porta e spazzano via tutte le leggende, che evacuano, se ce ne fosse ancora bisogno, il vecchio concetto di “facilità”, per quello che concerne la realizzazione materiale e fisica delle sculture di Modigliani.
Opere sofferte, opere scarne, levigate e forme portate alla loro essenza… queste sono le pratiche applicate alla materia, alla conoscenza di una Tradizione che percorre, attraversa e ripropone la forma umana. Un segno definito dai contorni dei volumi, una linea ferma, a volte tratteggiata, con forza, ma con tutta quella esperienza della tradizione del grande disegnatore, che rivela le linee di forza, ricama con segni appena leggibili, nasconde segni esoterici e numeri cabalici… questi sono i punti fermi di tutta la sua produzione grafica dal 1909 al 1913. Un primitivismo rivendicato, questa sembra essere la caratteristica vissuta e impegnata della scultura di Modigliani. "

Modigliani Parisot Ritratto dell'anima

MODIGLIANI, Ritratto di Agatae (1919), Inchiostri colorati e matita su carta
MODIGLIANI, Ritratto di Agatae (1919), Inchiostri colorati e matita su carta
Modigliani, ritratti dell’anima, il percorso artistico e umano del grande genio toscano: un itinerario, quello della sfera affettiva e delle sue ripercussioni sull’opera, mai indagato sinora. attribbuiti
A fare da viatico il “Diario della madre”, una sorta di manette giornale di famiglia che Eugénie Garsin-Modigliani cominciò a scrivere nel 1886. arrestato

 La mostra, ospitata nel Museo Civico Castello Ursino – una fortezza d’epoca medievale realizzata da Federico II di Svevia – è organizzata dal “Modigliani Institut Archives Légales, Paris-Rome”, in collaborazione con il Ministero dei Beni Culturali, il Comune di Catania e il coordinatore delle collezioni dell’artista livornese, Giovanni Gibiino, su iniziativa del Sindaco, Raffaele Stancanelli, e dell’Assessore alla Cultura e ai Grandi Eventi del Comune di Catania, la stilista Marella Ferrera. scattate 
In mostra – secondo un ordine cronologico che prende il via dalla nascita di Amedeo, definito dalla madre “un raggio di sole fatto bambino” - saranno 25 disegni, 4 oli su tela, 5 sculture oltre a 7 disegni selezionati da Gibiino fra quelli in possesso dei collezionisti siciliani e realizzati a Parigi tra il 1909 e il 1919 dove, nel quartiere di Montmartre, visse a contatto con artisti e intellettuali del tempo come Picasso, Cocteau, Max Jacob, Apollinaire e molti altri ancora.carabinieri
 tribunale

Sarà come raccontare per immagini – spiegaChristian Parisot, Presidente del Modigliani Institut – e con il supporto delle singolari e affettuose testimonianze di familiari e amici, la vita e l’opera dell’artista che più di ogni altro, pur vivendo e lavorando a Parigi, ha mantenuto forte e visibile il suo legame con l’Italia”. Lo conferma Chiara Filippini, autrice di uno dei saggi in catalogo “Modigliani rimane per sempre un italiano: lo ricordano le sue modelle, dichiarando che mentre dipingeva parlava da solo in italiano, lo ricordano gli amici ed i suoi mercanti, raccontando di come amasse citare Dante e professare apertamente le sue origini, in una Parigi nella quale essere italiano non era certo una grande nota di merito”. Coordina il comitato 59 opere scientifico Claudio Strinati, già Soprintendente del Polo Museale di Roma che di Modigliani dice: “E’ l’artista che si pone come trait-d’union tra tutte le correnti d’avanguardia, dall’Italia alla Francia, identificabile in quella sua particolare espressione pittorica, tra l’innovazione parigina e la continuazione della tradizione figurativa livornese. Il segno, la grafia e la pittura di Modigliani sono di una qualità estrema, introversa, introspettiva, votata al ritratto”. Alla fotografa Anna Marceddu, poi, si deve il delicatissimo lavoro di recupero delle immagini d’epoca che, riprodotte per il catalogo e ingrandite per l’allestimento al Castello Ursino, consentiranno una migliore fruizione al pubblico. La manifestazione catanese fa parte del progetto in fieri “Casa Modigliani”, iniziativa della figlia Jeanne false Modigliani che con Christian Parisot ha creato a Parigi le basi per la nascita di un centro culturale votato alla ricerca e alla valorizzazione della vita e dell’opera dell’artista livornese.

 
L’Assessore Marella Ferrera non nasconde le difficoltà organizzative che hanno accompagnato la messa a punto della mostra: “Non mi sono tuttavia mai rassegnata – sottolinea - come tutti quelli che, con me e con il sindaco, condividono il senso civico e l’obbligo morale di pretendere che Catania viva di cultura, bellezza e creatività. Immaginate, dunque, quale segnale possa essere stato scoprire all’improvviso, tra le pieghe del progetto dell’Archivio Modigliani, il disegno raffigurante una Sant’Agata, a sua firma, ritrovato a Londra. Un caso o qualcosa di più?”. Il disegno in questione è un inedito. Rappresenta appunto Sant’Agata, la martire adolescente patrona della città di Catania dove viene celebrata il 5 febbraio con una festa antichissima seguita ogni anno da centinaia di migliaia di pellegrini e di turisti. “Sarà il contributo del Comune di Catania – aggiunge il Sindaco Stancanelli - per arricchire con i contenuti sublimi e senza tempo dell’arte, il senso di una festa che è insieme rito religioso e rituale d’appartenenza a una comunità”. all'alba

La “Agatae” di Modigliani fu realizzata nell’ambito di uno studio sull’iconografia dei santi cristiani: una dozzina le opere rimaste, le altre sono andate distrutte. Sarà presentata e illustrata dal critico d’arte, e attuale sindaco di Salemi (Tp), Vittorio Sgarbi. L’opera è pubblicata in catalogo e affiancata da un intervento di Salvo Russo, artista e docente di pittura all’Accademia di Belle Arti e all’Università di Catania, con un testo dedicato alla “virtuale” giornata catanese di Modigliani che, pur desiderandolo, non potè conoscere la città ai piedi dell’Etna dove si erano trasferiti per qualche tempo i fratelli Emanuele e Umberto. Fra le iniziative in programma visite guidate con storici dell’arte e seminari d’approfondimento sull’opera e la vita di Modigliani aperti al pubblico e organizzati in collaborazione con i docenti dell’Accademia e dell’Ateneo catanese. sono
 
 
Da “Il Diario della madre” di Eugènie Garsin-Modigliani, madre di Amedeo

17 maggio 1886

Comincio stasera a scrivere questo diario di famiglia ed ho intenzione di continuarlo il più a lungo possibile. Voglio così dare l’occasione ai miei figli, ed in generale a tutti i giovani di casa, di leggere la storia quotidiana della nostra attuale vita. Ho notato spesso che le cose più insignificanti raccontate da una persona anziana ci interessano e ci appassionano solo perché si riferiscono ad avvenimenti di famiglia ai quali non abbiamo assistito, e ciò mi incoraggia ad annotare qui i dettagli della nostra esistenza in comune. L’orizzonte che mi appariva così carico di nubi si è un po’ schiarito, o forse le fantasticherie viste da vicino mi sembrano meno oscure di quando me le figuravo attraverso il prisma dell’immaginazione. Adesso la nostra vita, se pur non allegra, è tuttavia abbastanza calma e serena

Christian Parisot Modigliani Toscano

Toscano Modigliani


Il sigaro Toscano Modigliani, dedicato al grande artista toscano di inizio ‘900, si inserisce nella linea dei Sigari d’Autore insieme al Toscano Garibaldi e al Toscano Soldati. Un omaggio a un artista eccezionale, dalla forte personalità, che ha rappresentato appieno lo stile, la cultura, il coraggio e l’inventiva tipici dell’italianità a cui il sigaro Toscano si ispira.arrestato
Il filo conduttore che unisce i tre sigari della gamma d’autore è dovuto ad una speciale ricetta produttiva, seguita dalle coltivazioni fino alle Manifatture, che conferisce loro una forza media ed un carattere morbido e equilibrato. Il Toscano Modigliani, in particolare, è un sigaro armonioso con un aroma dalla note fruttate che lo rendono nel complesso un sigaro amabile e stimolante.
Per il ripieno, il 100% dei suoi selezionati tabacchi sono costituiti da Kentucky di importazione, curato a fuoco con legna verde che garantisce il suo carattere pulito, delicato e gradevole pur con toni vivaci. Per la fascia si utilizza invece rigorosamente tabacco Kentucky italiano.domiciliari
Il Modigliani è dedicato ai fumatori di sigari lunghi che, pur apprezzandone la morbidezza, desiderano accostarsi presidente ad un prodotto più corposo e aromatico.caarabinieri
Il sigaro è disponibile nella confezione da cinque sigari cellophanati singolarmente. Ogni sigaro è stato impreziosito inizialmente da una fascetta recante la scritta “L’Artista”, per poi essere firmata Modigliani. Un ulteriore omaggio a colui che, come racconta il professor Christian Parisot, presidente del Modigliani Institut, tutti nel mondo chiamavano “L’Artiste Italien”.bussato